Credo di essere stato uno dei rari bambini che fin da piccolo desiderava fare il lavoro del consulente finanziario (all’epoca ancora definito promotore finanziario) o, in alternativa, l’archeologo come Indiana Jones. Non che questo nascesse dal nulla, sia chiaro. Mio padre lo era (un promotore, non Indiana Jones) e spesso andavo nel suo ufficio dove assistevo ad un gran via vai di clienti in un’atmosfera leggera e sorridente. Pareva un posto bello dove passare gran parte della giornata e così decisi che avrei fatto il promotore.
Terminato il liceo lo sbocco naturale degli studi divenne quindi la facoltà di Economia con prima una triennale in Banca, Borsa e Assicurazione e successivamente una laurea specialistica in Finanza Aziendale e Mercati Finanziari. Lì le mie certezze sul futuro si incrinarono perché scoprii che il mondo era più vasto di quanto immaginato e che i possibili sbocchi lavorativi erano molteplici. Da aspirante esploratore (anche senza frusta e fedora) ho allora percorso altri sentieri professionali prima di approdare al sogno di bambino in modo da sentirmi sicuro della scelta lavorativa immaginata tanto tempo addietro. E a oggi rimango fermamente convinto della bontà di questa scelta.
Sono fieramente consulente finanziario, lavoro che richiede competenza, etica e relazione e, per quanto mi senta giovane dentro e Anasf mi consideri ancora un “giovane” (under 41), vedo dei reali giovani che si affacciano alla professione del consulente finanziario. Rispetto a 10 anni fa il mondo ha però fatto svariati giri su sé stesso e il set di competenze professionali richiesto per essere attrattivi e competitivi sul mercato è notevolmente cresciuto. L’asticella si alza costantemente e credo sia necessario pensare a innalzare leggermente anche il pavimento sul quale poggiarsi.
Mi rendo conto di essere condizionato dall’esperienza personale, ma nell’applicazione concreta questo potrebbe tradursi nell’obbligo minimo del possesso della laurea triennale per poter accedere alla prova valutativa. Le nozioni acquisite all’università sono state un grande aiuto tanto per l’esame di iscrizione all’Albo quanto per sapere da subito di cosa parlassi di fronte ai clienti.
Come però accennato la competenza da sola non basta, ci vogliono anche etica e capacità di entrare in relazione e credo che l’introduzione dell’obbligo della laurea triennale potrebbe fornire una grande opportunità per il nostro settore spingendo l’idea ancora più in là: perché non ideare un percorso triennale formativo triennale e riconosciuto che attragga i giovani interessati al nostro mestiere e insegni loro il lavoro dal punto di vista pratico, nel rispetto dei valori fondamentali?
Credo che dei giovani formati per essere consulenti finanziari potrebbero essere anche maggiormente appetibili per i colleghi intenzionati a formare un team di lavoro in ottica di passaggio generazionale della clientela innescando un circolo virtuoso di scambio di competenze e longevità di questa professione.
Potremmo avere un rinnovamento generazionale che continui il percorso intrapreso dai nostri padri fondatori di Anasf di far emergere e affermare definitivamente il Ruolo del Consulente Finanziario come perno reale nel processo di pianificazione del risparmiatore affinché quest’ultimo, reso sempre più edotto e consapevole, potrà divenire investitore.
Anche per questo motivo sono onorato di far parte della Lista 2 con dei colleghi che hanno a cuore il futuro della nostra professione e dell’impatto positivo che può generare sulla collettività.